Vintage GP: ep. 13 Porsche 911 Targa l’auto che continua ad affascinare gli appassionati di auto sportive.
Nel mondo delle auto sportive, pochi nomi suscitano lo stesso senso di leggenda e iconicità che rievoca la Porsche 911.
Fra le tante versioni che Porsche ha prodotto nel corso degli anni, la 911 Targa brilla come un simbolo di stile e innovazione
Da oltre mezzo secolo, la Porsche 911 Targa ha continuato ad affascinare gli appassionati di auto sportive con il suo design distintivo e la sua esperienza di guida esclusiva.
L’idea alla base della Porsche 911 Targa ha radici nel desiderio di offrire un’esperienza di guida aperta senza compromettere la sicurezza.
Nel 1965, infatti, la legge americana sulla sicurezza stradale stava diventando più restrittiva, richiedendo che le auto sportive fossero dotate di roll-bar per proteggere il conducente nel malaugurato caso di ribaltamento.
Per rispondere a questa sfida, Porsche ha sviluppato e introdotto la Targa.
DALLA PRIMA GENERAZIONE AI GIORNI NOSTRI
La prima generazione, che deve il suo nome alla famosa gara automobilistica Targa Florio in Sicilia, fu lanciata nel 1965 stabilendo fin da subito il concetto di una guida aperta senza compromessi sulla sicurezza.
La Porsche 911 Targa, nella sua prima versione, presentava un tettuccio rigido removibile e un roll-bar in acciaio satinato.
Nonostante divennero immediatamente iconici, a partire dal 1969, introdussero un design rinnovato per la 911 Targa.
La barra di sicurezza satinata viene sostituita da un roll-bar integrato e da un vetro posteriore apribile.
Questo design è diventato un segno distintivo della Targa ed è stato mantenuto nelle successive generazioni.
Nel corso degli anni, la Porsche ha continuato ad affinare il design e l’esperienza di guida della 911 Targa.
L’introduzione di materiali moderni, come il vetro temperato e il tetto apribile elettricamente, ha reso la Targa più comoda e funzionale.
La Porsche 911 Targa attuale combina l’estetica classica con la tecnologia all’avanguardia, offrendo una guida emozionante e uno stile senza tempo.
IL FUTURO DELLA TARGA
La Porsche 911 Targa è molto più di una semplice auto sportiva.
È una testimonianza dell’ingegnosità e della dedizione della casa automobilistica tedesca nell’offrire un’esperienza di guida unica che combina emozioni e sicurezza.
Con oltre mezzo secolo di storia e innovazione alle spalle, la Porsche 911 Targa continua a guidare la strada verso il futuro delle auto sportive, rimanendo una presenza iconica sulle strade e nei cuori degli appassionati.
Vintage GP: ep. 13 Porsche 911 Targa
L’evoluzione del design
IL NOSTRO SHOOTING A VILLA CAPRIATA
Porsche 911 Targa
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Vintage GP: ep. 12.Audi QUATTRO, l’auto che ha segnato una rivoluzione, salvando Audi dal dimenticatoio e stravolgendo il rally negli anni’80. Oggi vi raccontiamo la storia della leggendaria Audi Quattro.
Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO
L’INIZIO DELLA STORIA
La storia dell’Audi Quattro ha inizio nell’inverno del 1976, quando durante i test della Volkswagen Iltis (un veicolo militare 4×4 ispirato alle Jeep Willys della Seconda Guerra Mondiale), l’ingegnere Jorg Bensinger notò che l’Iltis coi suoi 75 cv, si comportava meglio sulla neve rispetto alle potenti berline Audi a trazione anteriore.
Da qui nacque l’idea di creare una berlina a trazione integrale. Proposta al titolare della Ricerca e Sviluppo, FerdinandPiech, l’idea fu accolta con l’unica condizione di testarla su una vettura sportiva stradale.
Un team di tecnici, guidato da Walter Treser, montò la meccanica a trazione integrale della Iltis sulla scocca di un’Audi 80. Il prototipo fu portato al Passo Turracher Hohe in Austria, dove fu testato su ghiaccio e neve di fronte ai dirigenti di Audi, che rimasero colpiti dalle prestazioni impressionanti (anche a temperature estreme di -30°C) e diedero il via alla produzione della vettura a trazione integrale.
L’Audi Quattro fu presentata al Salone internazionale dell’automobile di Ginevra nel marzo 1980. Ferdinand Piech, durante la conferenza di lancio, dichiarò che la Quattro segnava l’inizio di qualcosa di importante.
La vettura presentava arcate bombate, sospensioni indipendenti, la nuova trazione Quattro e un motore turbo da 2.1 litri a 5 cilindri che erogava 200 CV, consentendo uno 0-100 km/h in soli 7 secondi (tutto questo nel 1980).
Nonostante il prezzo non economico e lo scetticismo sulle vendite, la Quattro si rivelò un vero successo, tanto da diventare la pioniera che avviò la vendita di milioni di vetture con trazione Quattro per la casa automobilistica di Ingolstadt.
Audi QUATTRO
AUDI QUATTRO E IL RALLY
Per realizzare il suo desiderio di debuttare nel rally Piech fondò Audi Sport, e nonostante non avesse ancora venduto il numero minimo di vetture richiesto, la Quattro debuttò nel 1980 come mezzo non competitivo, ma si rivelò talmente efficace, che il suo pilota Hannu Mikkola avrebbe vinto il Rally di Algarve con un vantaggio di mezz’ora.
Audi Sport partecipò a otto eventi del WRC nel 1981, ottenendo tre vittorie, incluso il primo successo di una donna nel WRC grazie a Michelle Mouton al Rally di Sanremo, e nel 1982, Audi Sport vinse il titolo Costruttori.
Il 1983 fu l’anno in cui venne introdotta la categoria Gruppo B, che segnò una svolta nel mondo dei rally. Caratterizzata da regolamentazioni molto limitate, consentiva alle vetture di essere portate all’estremo. Gli spettatori, si riversavano sulle strade, spostandosi rapidamente per assistere alle auto che sfrecciavano a velocità incredibili e i piloti si spingevano al limite delle proprie capacità .
Audi quell’anno dominò la categoria grazie alle Quattro A1 e A2, Hannu Mikkola vinse il campionato piloti nel 1983, seguito da Stig Blomqvist nel 1984, che portò anche alla vittoria del campionato costruttori.
Audi QUATTRO A2Michelle Mouton Pikes PeakAudi Group B
IL SUCCESSO DELL’AUDI QUATTRO
La Quattro ebbe un enorme successo di vendite nel 1985, spingendo Audi a implementare la trazione Quattro su tutta la gamma dei modelli.
Nel frattempo, nel Gruppo B, le vetture stavano diventando sempre più potenti. Audi decise di omologare una versione più aggressiva chiamata Sport Quattro S1 in soli 224 esemplari.
Nonostante la potenza mostruosa di 450 CV della versione da rally, l’attenzione alla sicurezza limitò il suo pieno potenziale. Tuttavia, i piloti come Stig Blomqvist, Walter Rohrl e Michelle Mouton ottennero comunque importanti risultati, tra cui la vittoria di Mouton alla cronoscalata di Pikes Peak.
Nel 1986, la Sport Quattro fu ulteriormente potenziata a 500 CV, con migliorie aerodinamiche e un sistema di Anti-Lag per una migliore risposta del motore. La vettura raggiungeva lo 0-100 in soli 3,1 secondi e pesava solo 960 kg. Nonostante i successi ottenuti, il Gruppo B venne bandito dalle competizioni a causa dei crescenti problemi di sicurezza. Di conseguenza, Audi si ritirò dalle competizioni rally a partire dall’anno successivo.
Nel 1987, Audi fece un ritorno al campionato WRC, ma non riuscì a replicare lo stesso successo di prima, nonostante alcune vittorie di tappa.
Tuttavia, la Sport Quattro continuò a competere con successo. A Pikes Peak, Walter Röhrl guidò la nuova Sport Quattro S1 Evo 2, potenziata a 600 CV e con miglioramenti aerodinamici, conquistando la terza vittoria consecutiva di Audi e stabilendo un nuovo record, battendo quello precedente di 22 secondi.
Audi S1 Evo 2
LE VERSIONI STRADALI
Nel frattempo, le versioni stradali della Quattro subirono miglioramenti significativi, inclusa l’introduzione dell’ABS, l’adozione di ruote più larghe e un miglioramento delle prestazioni di guida.
In particolare, il motore subì modifiche sostanziali: la cilindrata aumentò da 2.1 a 2.2 litri, il numero di valvole passò da 10 a 20 e la potenza raggiunse i 220 CV.
Il motore venne accoppiato a un differenziale autobloccante Torsen, consentendo uno scatto da 0 a 100 km/h in soli 6 secondi.
Nel corso degli anni, la vettura subì ulteriori modifiche fino al 1991. Alla fine della sua produzione, Audi vendette complessivamente 12.000 esemplari dell’Ur-Quattro.
Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO
Audi QUATTRO
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Vintage GP: ep. 11.Porsche 924, uno dei modelli più sottovalutati del marchio tedesco che contribuì a salvare la stessa casa automobilistica dal fallimento.
Vintage GP: ep. 11 Porsche 924
I DISAGI DI PORSCHE E LA COLLABORAZIONE FALLIMENTARE CON VOLKSWAGEN
Tutti conoscono Porsche per la 911, che dal 1963 è un’icona automobilistica e fa sognare grandi, piccoli e appassionati.
Ma non tutti sanno che negli anni ’70 la 911 toccò il “punto più basso” della sua carriera: infatti a causa dei costi di produzione elevati in Porsche le priorità erano due:
una nuova vettura per sostituire la 911 e per conquistare il mercato americano (quella che divenne la 928)
un nuovo modello “entry level” per sostituire la 912 con motore anteriore e trazione posteriore.
Questo nuovo modello nascerà da una collaborazione con Volkswagen, che a metà degli anni ’60 per creare una potenziale sostituta per la Karmann-Ghia, portò alla creazione della Porsche 914.
Tuttavia, la vettura fu un flop a causa della scarsa potenza e del costo elevato; Volkswagen perse interesse nel progetto e la produzione della 914 si interruppe nel 1975 dopo circa 120mila esemplari prodotti.
Nonostante il flop, la Volkswagen torno a chiedere l’aiuto di Porsche per sviluppare una nuova coupé sportiva che doveva utilizzare il motore quattro cilindri dell’Audi 100.
Per via della crisi petrolifera e dell’inaspettato successo della Golf GTI, la Volkswagen perse nuovamente interesse nel progetto e Porsche colse l’occasione per ricomprare il progetto della coupé sportiva di Volkswagen per creare una sostituta della 914, e così nacque la Porsche 924.
Porsche 924
IL SUCCESSO E LE EVOLUZIONI DELLA 924
La 924 venne presentata al salone di Parigi del ’75 e divenne disponibile dall’anno dopo.
La vettura era caratterizzata da un design a cuneo, linee pulite e moderne.
L’abitacolo è spazioso e confortevole con la plancia rivolta verso il guidatore e sotto al cofano troviamo il quattro cilindri in linea dell’Audi 100, che coi suoi 125 cv spingeva la 924 fino a 200 km/h.
Nel 1978, venne introdotta la versione Turbo, dove il quattro cilindri venne sovralimentato da una turbina che portava la potenza da 125 a 170 cv.
Porsche 924 Turbo
Questo ha rappresentato un notevole passo avanti in termini di prestazioni, per arrivare poi alla 924 S: venne prodotta dal 1986 ed era equipaggiata con un quattro cilindri da 2,5 litri, con una potenza che andava da 150 a 160 cv.
LE VERSIONI SPECIALI
La 924 suscitò (e suscita ancora oggi) il malcontento dei puristi del marchio, che accusavano Porsche del fatto che la macchina fosse troppo poco potente.
infatti nel 1980 vennero presentate due versioni speciali che erano vere e proprie auto da corsa omologate per la strada:
La 924 Carrera GT, che era equipaggiata da un 4 cilindri turbo da 2 litri e 210 CV.
La 924 Carrera GTR che è la più estrema e desiderabile della gamma e in cui il 2.0 turbo è portato fino a 375 cv e monta soluzioni da auto da corsa che le conferiscono la capacità di spingere questa macchina fino a quasi 290 km/h.
924 Carrera GT
924 Carrera GTR
In conclusione la 924, la prima Porsche a motore anteriore raffreddato a liquido ebbe un gran successo, al punto che generò così tanti guadagni che permise a Porsche di investire nel salvataggio della 911.
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Vintage GP: ep. 10. Inarrestabile, iconica e capace di arrampicarsi anche su muri. Oggi vi porteremo alla scoperta di un’avventura lunga ben 70 anni: questa è la storia del Land Rover Defender.
Vintage GP: ep. 10
LA NASCITA DEL LAND ROVER
La storia del Defender ebbe inizio nel dopoguerra, quando il governo britannico impose alla Rover Company (un produttore di auto di lusso) di costruire veicoli più economici per agevolare le esportazioni in quegli anni difficili.
La Rover decise di rispondere a questa richiesta creando un veicolo versatile e resistente, adatto sia all’agricoltura che all’uso militare.
La progettazione e la realizzazione del veicolo vennero affidate a Maurice Wilks, che, ispirato dalle Jeep Willys utilizzate dall’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale, creò un prototipo di fuoristrada utilizzando la struttura della Willys come base.
Maurice Wilks
L’anno successivo, il 30 aprile 1948, il nuovo modello fu presentato al pubblico al Salone dell’Auto di Amsterdam, col nome “Land Rover Series I“: un fuoristrada che aveva tre punti di forza:
la trazione integrale, ideale per affrontare terreni accidentati
la carrozzeria in alluminio, che oltre ad essere meno esposta alla corrosione, non era soggetta alle restrizioni imposte dal governo britannico in quel periodo.
il telaio a longheroni, che abbinato alla carrozzeria in alluminio rendeva il mezzo leggero e resistente.
Land Rover series 1
IL SUCCESSO E LE PRIME EVOLUZIONI
Il Series I suscitò un grande successo tra il pubblico: negli anni ’50 e ’60 divenne molto popolare tra gli agricoltori, gli esploratori e le forze armate di tutto il mondo, e nel 1958 venne lanciata la versione aggiornata: la Land Rover Series II, che si contraddistingueva per una carrozzeria più grande e confortevole.
Land Rover series 2
Negli anni ’70, il numero di Land Rover prodotti raggiunse il traguardo di un milione di veicoli venduti sia a clienti privati che all’esercito.
Nel 1971, venne lanciata la terza generazione del veicolo, ovvero il Land Rover Series III, che presentava una serie di miglioramenti tecnici, tra cui un nuovo motore a benzina a sei cilindri.
DALLA SVOLTA AI GIORNI NOSTRI.
Tuttavia, il vero punto di svolta arrivò nel 1983, quando all’aggiornamento per la quarta generazione, Land Rover lanciò due nuovi modelli: 90 e 110, che erano dotati di una nuova carrozzeria e di un nuovo telaio a traliccio che li rendeva ancora più resistenti.
Land Rover 90Land Rover 110
Inoltre, il motore a diesel fu ulteriormente sviluppato, migliorando le prestazioni e riducendo le emissioni.
Negli anni ’90, il fuoristrada prese il nome di “Defender” (in onore del suo largo utilizzo in campo militare) e continuò ad evolversi fino alla sua ultima evoluzione nel 2016, che venne poi prodotta fino al 2016, quando la Land Rover decise di interrompere la produzione del veicolo a causa delle nuove normative sulle emissioni.
Land Rover Defender anni 90Land Rover Defender 2016
La storia del Defender è una testimonianza della capacità di adattamento e innovazione della Rover Company, che ha saputo creare un veicolo che è diventato un’icona della cultura popolare e un simbolo di resistenza e affidabilità. Ancora oggi, il Defender è ambito e sfruttato, continuando ad affrontare le zone più estreme e impervie di tutto il mondo.
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È un’auto fuori dal tempo, nata come il sogno di un sanguinoso dittatore, per poi diventare simbolo di pace e amore in tutto il mondo. Questa è l’auto Vintage GP: Volkswagen Maggiolino (o Beetle)
Ha battuto centinaia di record in più di 60 anni di onorata carriera con oltre 21 mln di esemplari prodotti e ancora oggi è un’icona della cultura pop.
Oggi vi raccontiamo la storia di un mito che oggi tutti conosciamo come Maggiolino Volkswagen.
Vintage GP: Volkswagen Maggiolino
La motorizzazione della Germania
È il 1934, e in Germania il popolo non se la passava molto bene.
Quell’estate Adolf Hitler prese il potere dopo che il presidente Hindenburg morì a 87 anni, e tra le prime richieste che vennero ordinate ci fu quella di “motorizzare la Germania”.
Per dare vita al progetto, il governo tedesco assunse l’ingegnere di auto da corsa Ferdinand Porsche (lo stesso che fondò poi l’omonima casa automobilistica, che fondò la casa automobilistica Volkswagen (in italiano “auto del popolo”).
Vintage GP: Volkswagen Maggiolino
Il compito che venne assegnato a Porsche era quello di realizzare un’automobile che la famiglia media poteva permettersi:
Piccole dimensioni ma allo stesso tempo di grandezza sufficiente da ospitare quattro persone comodamente;
Semplice da usare e mantenere ovunque;
Di una durevolezza sufficiente ad accompagnare la famiglia per molto tempo.
Il design finale della carrozzeria rifletteva la tendenza dell’epoca per veicoli eleganti e rotondi, con il motore boxer raffreddato ad aria montato nella parte posteriore.
Questa soluzione però portò problemi alla Volkswagen perché Porsche avrebbe preso ispirazione dalla Tatra V570 (o T97), un prototipo della casa automobilistica cecoslovacca Tatra, che di conseguenza avrebbe citato a giudizio la casa tedesca.
Questa causa venne presa con filosofia dal Führer, che fece quello che qualsiasi dittatore avrebbe fatto se qualcuno gli avesse fatto causa per la sua auto: invase la Cecoslovacchia e prese il controllo della fabbrica della Tatra.
La KdF-Wagen
Quando il “design totalmente originale” venne completato la Volkswagen diede il via alla produzione della vettura che venne assegnata a un progetto governativo chiamato “Forza attraverso la gioia” (in tedesco “Kraft durch Freude!”)
La nuova automobile prese il nome di KdF-Wagen e per la sua realizzazione venne costruita una nuova fabbrica vicino a Fallersleben, e attorno venne costruita una città, che oggi si chiama Wolfsburg e ospita ancora la Volkswagen.
La produzione iniziò nel 1938, ma venne interrotta dopo soli 210 unità prodotte, per la necessità di Hitler di focalizzare l’industria tedesca per lo sforzo militare, che come tutti sappiamo portò alla seconda guerra mondiale e fece uscire la Germania.
Quando la seconda guerra mondiale giunse al termine nel 1945 la Germania ne uscì ridotta in un cumulo di macerie.
La fabbrica non fu risparmiata e venne distrutta nei bombardamenti.
Successivamente le forze di occupazione Britanniche incaricate dell’area, trovando le parti originali della linea di produzione del KdF-Wagen e provarono a venderle alle case automobilistiche inglesi, non avendo però un esito positivo.
Nel 1946 la fabbrica fu ricostruita e la linea di produzione venne rimontata, e da quel momento la vettura non sarebbe più stata KdF-Wagen, ma Volkswagen Type 1.
Il Soprannome “Maggiolino”
Nel 1949 la fabbrica venne ceduta a Heinz Nordhoff, e con il risollevamento della Germania dalle ceneri la Volkswagen iniziò a vendere la Type 1 in tutta l’Europa occidentale, dove si guadagnò per la prima volta il soprannome di “Maggiolino” (Beetle).
Le vendite nell’Europa del dopoguerra procedevano a fatica, e in Volkswagen capirono che per vendere le loro auto avrebbero dovuto puntare a un mercato con una grande popolazione, molti soldi e in cui le strade non erano state fatte esplodere.
Così decisero di puntare all’America, dove però i primi sforzi furono fallimentari perché nessun concessionario statunitense voleva toccare la macchina perché il maggiolino era vista da tutti come la macchina dei nazisti.
Bisognerà aspettare il 1950 perché la VW riuscì a convincere alcuni concessionari ad accettare le loro auto, e contro ogni aspettativa il piccolo Maggiolino iniziò a vendere grazie a tre fattori:
1) il suo prezzo molto più economico e conveniente della maggior parte delle auto presenti sul mercato.
2) il fatto che fosse un mezzo robusto e affidabile anche su strade non asfaltate.
3) la manutenzione era relativamente semplice e poco costosa.
L’auto del popolo
Finalmente l’auto del popolo divenne la scelta del popolo, tanto che nel 1955, dopo solo otto anni dalla sua entrata nel mercato la VW aveva già venduto un milione di Maggiolini.
Nel 1972, inoltre il maggiolino diventò l’automobile più venduta di sempre.
Nonostante il numero altissimo di vendite nel 1974, in vista della necessità di una sostituzione più moderna venne lanciata la Golf.
Quest’ ultima nonostante la stessa compattezza, economicità ed affidabilità produceva quasi il doppio della potenza del Maggiolino.
La transizione da Maggiolino a Golf avvenne abbastanza rapidamente in tutto il mondo.
Le uniche a continuare a richiedere il maggiolino furono Messico e Brasile, tant’è che il maggiolino continuò la sua produzione in Messico fino al 2003.
In totale la Volkswagen ha venduto 21 milioni di Maggiolini in tutto il mondo, e venne riportato in vita nel 1998 con la New Beetle che venne prodotta fino al 2019.
Il Maggiolino è una macchina che ha segnato un’epoca, diventando uno status symbol grazie alle sue comparse cinematografiche, come La saga di Herbie e Transformers.
Transformers
Che si tratti di guidare su strade o sulle dune può essere trovato in quasi ogni parte del mondo, è stato un boom di vendite ed ancora oggi è un’icona della cultura pop.
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Vintage GP 08: Ottima puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.
Ferrari Mondial
Si sa, il nome Ferrari è autoesplicativo: un vero e proprio status symbol ambito da chiunque, e sicuramente tutti hanno o hanno avuto il desiderio di possederne una.
E se vi dicessimo che puoi trovare una di queste fantastiche vetture allo stesso prezzo di un’auto nuova?
Oggi vi raccontiamo quella che è forse la rossa più sottovalutata della storia del cavallino: questa è la Ferrari Mondial.
Il debutto al salone di Ginevra
Siamo nel 1979, e Ferrari trionfa nel campionato F1.
Per celebrare la vittoria la casa del cavallino decide di sostituire La Dino 308 GT4 (che non aveva avuto il successo sperato).
La nuova vettura debutta al Salone di Ginevra del 1980 come la prima “world car” prodotta dalla Ferrari , e venne chiamata Mondial in onore della vittoria in F1.
La vettura segue la filosofia della coupé 2+2 ad alte prestazioni con motore V8 centrale.
Pininfarina allunga il “passo” di 10 cm rispetto al vecchio modello ed ottiene così maggior spazio per i sedili posteriori.
La vettura vantava diverse skills, come gli accurati trattamenti anticorrosione, la grande cura nei dettagli e nell’ergonomia degli interni, una meccanica d’alta classe rispettosa delle norme anti inquinamento.
Gli interni
L’abitacolo elegante e ben rifinito presentava una nuova strumentazione con pulsanti.
La dotazione di serie comprendeva il tettuccio apribile elettricamente, la chiusura centralizzata, l’apertura elettrica dei 3 cofani, il computer di bordo, la regolazione elettrica degli specchietti retrovisori.
Il corredo interno era completato da 4 sedili singoli rivestiti in cuoio Connolly, mentre il sistema di accensione “Digiplex “ era di tipo elettronico, realizzato da Magneti Marelli.
Il motore
Il motore era un V8 di 2926 cm³ da 214 cv, derivato da quello della Ferrari 308 GTB abbinato all’iniezione Bosch K-Jetronic che garantiva una velocità massima di 220 km/h.
Per il mercato svizzero e statunitense la Ferrari Mondial era dotata di serie del catalizzatore, che unitamente a un rapporto di compressione più blando risultava meno potente e performante.
Le vetture destinate al mercato americano, sempre per rispettare le norme di omologazione locali, erano equipaggiate con i tipici paraurti sporgenti e le luci di ingombro laterali.
Le sospensioni riprendono lo schema della 308, con quadrilateri deformabili e molle elicoidali.
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Vintage GP 05: Quinta puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.
Lancia Delta Integrale
Sono poche le macchine che ti fanno innamorare ancora prima di accendere il motore, ancora meno sono quelle con un’anima.
Oggi vi raccontiamo un mito tutto italiano: versatevi un Martini e mettetevi comodi.
La nascita di una nuova macchina da Rally
Era il 1986 quando a causa di un evento luttuoso il mitico gruppo B cessò di esistere, e il reparto corse di Lancia dopo numerosi successi e vittorie con le incredibili 037 e Delta S4 si lanciò nello sviluppo di una nuova vettura da rally secondo il nuovo regolamento, che dalla stagione 1987 avrebbe visto in gara soltanto le auto di Gruppo A e N.
La casa italiana non ebbe grandi problemi a sviluppare una vettura adeguata alle nuove categorie, e presentò lo stesso anno al salone di Francoforte la Delta HF 4WD, che primeggiò nella sua categoria anche a fronte della scarsa concorrenza causata dal cambio di categoria.
Lancia ebbe pochi problemi anche nei cinque anni successivi, portando 11 titoli al marchio torinese che vinse anche 4 mondiali piloti, equamente divisi a metà tra il finlandese Juha Kankkunen, iridato nel 1987 e nel 1991, e l’italiano Miki Biasion, campione nel biennio 1988-1989.
l’italiano Miki Biasion, campione nel biennio 1988-1989
La Delta “HF” Integrale
Il 18 dicembre 1991 Lancia annunciò il suo ritiro in forma ufficiale dai rally, cedendo nel 1992 la gestione del suo team alla Martini Racing (che fino ad allora era solo sponsor), con l’appoggio della struttura tecnica del Jolly Club.
Lo stesso anno avvenne la presentazione dell’ultimo step evolutivo della Delta: la HF Integrale “Evoluzione”.
Il nuovo team, che continuava a portare in gara le vetture torinesi diventò quindi una vera e propria squadra che, ricevendo in dote dalla casa madre vetture e piloti, e il supporto di Abarth per lo sviluppo, prese parte in maniera semiufficiale al mondiale.
La Delta Integrale Evoluzione (con le sue versioni 8v e 16v) dominerà le scene del Campionato Mondiale Rally riprendendo, senza interruzione, la striscia di successi iniziata nel 1987 dalla Delta HF 4WD.
Ai titoli mondiali piloti e costruttori vinti nel 1987 vanno ad aggiungersi altri 5 Campionati del Mondo Rally Costruttori consecutivi (dal 1988 al 1992) e 3 Campionati del Mondo Rally Piloti.
Tra i vincitori spiccano i due allori di Miki Biasion, primo italiano, e al momento unico, capace di vincere l’ambito titolo mondiale riservato ai conduttori.
In 6 stagioni nel Campionato del Mondo Rally la Lancia totalizza 46 vittorie: il bottino raccolto dalla sola Delta HF Integrale nelle sue varie evoluzioni conta ben 35 vittorie e 96 podi.
Lancia Delta integrale “martini” al Rallylegend 2021 di San Marino
Inutile dire che tutte queste vittorie hanno reso la Delta una vera e propria leggenda su ruote, e le versioni stradali sono ancora oggidesiderio di appassionati di tutte le età che la osannano come “la regina”.
La più ambita tra tutte è la Delta HF Integrale Evoluzione, che con il suo motore 2.0 litri 1995 cc quattro cilindri 16 valvole eroga 210 Cv, dieci in più della versione standard (215 Cv nella versione Evo2 che prevede sedili Recaro, il servosterzo, il climatizzatore e l’ABS di serie).
Le più iconiche delle Evoluzione sono senza dubbio la Delta Martini 5, costruita per onorare il quinto titolo mondiale in 400 esemplari e la Delta Martini 6, questa volta prodotta in soli 310 esemplari per rendere omaggio al sesto e ultimo titolo.
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Vintage GP 04: Quarta puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.
Jeep Willys
La madre di tutti i fuoristrada
Protagonista su ogni campo della Seconda guerra mondiale, la Willys MB, meglio nota come Jeep Willys, fu il mezzo più prodotto durante il conflitto mondiale. Considerata come la madre di tutti i fuoristrada, diede il via all’epopea Jeep.
Realizzata in più di 640 mila unità, la Jeep Willys è il mezzo più prodotto della Seconda guerra mondiale. A fare la differenza, nel difficile contesto bellico di metà novecento, fu la semplicità e la praticità del prodotto, dall’apparenza esile, non corazzato e neanche armato.
Nacque, così, un mito senza tempo, ancora oggi considerato il padre dei fuoristrada moderni o, se si preferisce, dei Suv.
La Jeep Willys durante la Seconda Guerra Mondiale
La commissione da parte dell’esercito americano
Il mezzo, dal peso inferiore ai 600 kg, venne commissionato inizialmente in 1.500 unità.
Il progetto iniziale, sebbene rispettasse le richieste dell’esercito statunitense, fu da subito rivisto e aggiornato anche dai competitor della Bantam, Ford e Willys-Overland su tutti, migliorandone l’efficienza e la praticità.
Il prototipo prodotto dalla casa di John Willys, dopo accurate valutazioni da parte dell’esercito, fu considerato il mezzo più idoneo e completo. Nacque in questo modo la Willys MB (erede del prototipo MA) la cui produzione, in seguito allo scoppio della guerra, fu allargato anche agli stabilimenti Ford.
La casa di Detroit iniziò a produrre il veicolo dalla fine del 1941, modificando la sigla identificativa in Gpw.
2 prototipi della willys: jeep e stationcar
L’antenata della Jeep montava il Willys Mod 442, un motore 4 cilindri con testata a “L” da 2.200 cc in grado di sviluppare una potenza di 54 Cv. La coppia massima era di 123 Nm a 2.000 giri/min.
Era dotata di trazione prevalentemente posteriore con l’anteriore inseribile, abbinata ad un cambio a tre marce con riduttore.
L’abitacolo non aveva spazio per fronzoli e comodità, sacrificate in virtù di essenzialità e, soprattutto, flessibilità di utilizzo.
Il veicolo, infatti, venne più volte adattato alle esigenze del conflitto. Tra gli adattamenti più singolari, si ricordano i fari mobili, utili per illuminare il motore in caso di guasto notturno, i supporti per mitragliatrici e lanciarazzi e la predisposizione per l’utilizzo su rotaie.
Oggi la Jeep Willys, rappresenta un modello cult per collezionisti, grazie anche ad un florido mercato di pezzi di ricambio, nonché una pietra miliare per il mondo dei fuoristrada, che deve i natali proprio al piccolo, grande 4×4 made in Usa.
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Vintage GP 03: Terza puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.
Porsche 911 S 2.2 Targa (1970)
Un nuovo concetto di auto OPEN AIR
Era il 1965 e durante l’IAA di Francoforte, Porsche presentò per la prima volta un concetto completamente nuovo di auto cabrio e coupé, il suo nome era Porsche 911 Targa.
La 911 targa non era una cabrio con tetto in tela né una classica coupé, si trattava della prima ‘cabrio di sicurezza’ al mondo, dotata di fascia di protezione fissa, o roll bar e un tetto rimovibile.
Si poteva quindi viaggiare a tetto completamente scoperto, o si poteva rimuovere soltanto la parte centrale del tetto, mantenendo il lunotto posteriore.
A proposito di quest’ultimo, poteva essere sostituito da quello in vetro con sbrinamento, opzione che divenne di serie dopo poco e rimase una delle peculiarità delle Porsche 911 Targa prodotte fino al 1993.
La prima Porsche 911 Targa
IL NOME IN RICORDO DELLA TARGA FLORIO
Al momento di scegliere il nome della nuova auto, ci si concentrò sui circuiti automobilistici più vincenti per la casa di Stoccarda, e da qui si arrivò immediatamente alla Targa Florio.
Visti i grandi risultati ottenuti sin dalla metà degli anni Cinquanta da Porche sul circuito delle Madonie, inizialmente il primo nome sembrava essere “911 Florio”, finché Harald Wagner, responsabile delle vendite sul mercato nazionale, non accelerò la decisione ponendo una domanda: “Perché non la chiamiamo semplicemente Targa?”.
La 911 Targa della serie G
Successivamente, la variante Targa ha seguito tutta l’evoluzione della Porsche 911, a partire dal modello G del 1973 proposto anche con il rollbar di colore nero.
Nel 1988 debuttò il modello 964, con la variante Targa commercializzata prima nella versione Carrera 4 a trazione integrale e, l’anno seguente, anche nella declinazione Carrera 2 a trazione posteriore.
Gli esemplari di Targa costruiti nell’ambito delle prime tre generazioni della 911 sono complessivamente 87.663.
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Vintage GP 02: Seconda puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.
Ferrari 612 Scaglietti
La Ferrari 612 Scaglietti è il risultato di un progetto d’avanguardia che prosegue la tradizione Ferrari nel settore delle 2+2.
Il modello, disegnato da Pininfarina, porta il nome di Sergio Scaglietti, carrozziere modenese che realizzò negli anni ’50 e ’60 alcune fra le più belle Ferrari.
DESIGN
La 612 Scaglietti pur essendo una vettura all’avanguardia, eredita dalle sue antenate uno stile raffinato e di classe e ha sviluppato un carattere sportivo ma che la rende adatta anche ai lunghi viaggi.
Equilibrio tra dinamicità e comfort è la Scaglietti, fuori una coupé, motore anteriore e trazione posteriore, dentro un abitacolo che offre ampio spazio per 4 persone.
Il telaio, la scocca e la carrozzeria sono in alluminio per garantire leggerezza. Alla perfezione della struttura esterna, si aggiunge un motore potente e dinamico: V12, 48 valvole, 540 CV a 7250 giri, velocità massima 320 km/h, accelerazione da 0 a 100 km/h in 4 sec.
Il design dell’abitacolo, ha reso possibile l’inserimento di quattro poltrone in un ambiente spazioso ed elegante. Entrare e uscire da una 612 Scaglietti è comodo per chiunque.
Una condizione che deriva dal particolare incernieramento delle porte, che si spostano all’esterno durante la rotazione e dal dispositivo a comando elettrico ‘easy entry-exit’.
Le linee ancora attuali rendono questo modello un ottimo compromesso tra sportività ed eleganza.
La quotazione è davvero invitante per questo V12 che nel tempo riuscirà a mantenere e ad aumentare il suo valore.
Il prezzo di vendita, partiva da oltre 272 000 euro e non era particolarmente accessibile, come del resto anche quello delle altre vetture del marchio.
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