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Vintage GP 08

Vintage Grand Prix – ep.8

Vintage GP 08: Ottima puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.

Ferrari Mondial

Si sa, il nome Ferrari è autoesplicativo: un vero e proprio status symbol ambito da chiunque, e sicuramente tutti hanno o hanno avuto il desiderio di possederne una.

E se vi dicessimo che puoi trovare una di queste fantastiche vetture allo stesso prezzo di un’auto nuova?

Oggi vi raccontiamo quella che è forse la rossa più sottovalutata della storia del cavallino: questa è la Ferrari Mondial.

Il debutto al salone di Ginevra

Siamo nel 1979, e Ferrari trionfa nel campionato F1.

Per celebrare la vittoria la casa del cavallino decide di sostituire La Dino 308 GT4 (che non aveva avuto il successo sperato).

La nuova vettura debutta al Salone di Ginevra del 1980 come la prima “world car” prodotta dalla Ferrari , e venne chiamata Mondial in onore della vittoria in F1.

La vettura segue la filosofia della coupé 2+2 ad alte prestazioni con motore V8 centrale.

Pininfarina allunga il “passo” di 10 cm rispetto al vecchio modello ed ottiene così maggior spazio per i sedili posteriori.

La vettura vantava diverse skills, come gli accurati trattamenti anticorrosione, la grande cura nei dettagli e nell’ergonomia degli interni, una meccanica d’alta classe rispettosa delle norme anti inquinamento.

Gli interni

L’abitacolo elegante e ben rifinito presentava una nuova strumentazione con pulsanti.

La dotazione di serie comprendeva il tettuccio apribile elettricamente, la chiusura centralizzata, l’apertura elettrica dei 3 cofani, il computer di bordo, la regolazione elettrica degli specchietti retrovisori.

Il corredo interno era completato da 4 sedili singoli rivestiti in cuoio Connolly, mentre il sistema di accensione “Digiplex “ era di tipo elettronico, realizzato da Magneti Marelli.

Il motore

Il motore era un V8 di 2926 cm³ da 214 cv, derivato da quello della Ferrari 308 GTB abbinato all’iniezione Bosch K-Jetronic che garantiva una velocità massima di 220 km/h.

Per il mercato svizzero e statunitense la Ferrari Mondial era dotata di serie del catalizzatore, che unitamente a un rapporto di compressione più blando risultava meno potente e performante.

Le vetture destinate al mercato americano, sempre per rispettare le norme di omologazione locali, erano equipaggiate con i tipici paraurti sporgenti e le luci di ingombro laterali.

Le sospensioni riprendono lo schema della 308, con quadrilateri deformabili e molle elicoidali.


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Vintage GP 07

Vintage GP 07

Vintage Grand Prix – ep.7

Vintage GP 07: Settima puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.

Alfa Romeo Montreal

Correva l’anno 1967, e a Montreal, in Canada, si teneva l’esposizione universale (EXPO), e tutte le nazioni del mondo parteciparono presentando le migliori realizzazioni nei vari campi della scienza e della tecnica.

Gli organizzatori avevano scelto l’Alfa Romeo per creare un modello di autovettura che potesse rappresentare la “massima aspirazione raggiungibile dall’uomo in fatto di automobili”, ma a seguito di un’organizzazione frettolosa, l’invito arrivò ad Arese solo nove mesi prima dell’evento.

Il design originale della Montreal

A causa dei tempi così ristretti, mancavano i presupposti per sviluppare un pianale e una meccanica nuovi, quindi per il modello carrozzato da Bertone, su disegno di Marcello Gandini, i vertici del Biscione decisero di utilizzare il motore della Giulia 1.6 TI berlina e portarono in Canada due esemplari di concept in colorazione bianco perla.

I due concept ebbero successo immediato grazie al design originale e a una linea slanciata e sportiva.

La vettura è caratterizzata dalla calandra bassa e dal cofano profondo che scende fino a coprire metà dei fari, dove risaltano le palpebre “a veneziana”, una soluzione innovativa che migliora l’aerodinamica e nasconde parzialmente i proiettori anteriori.

Il parabrezza è inclinato, due lunghe porte a “L” precedono le sei feritoie presenti sui montanti laterali; quindi il portellone, molto inclinato e totalmente in vetro, infine la coda tronca con un accenno di spoiler e i doppi scarichi al centro.

L’ottimo riscontro del pubblico convince i piani alti di Alfa Romeo a mettere il modello in produzione: si decide di puntare sull’immagine sportiva del marchio, sostituendo il 1.6 con il V8 della Tipo 33 da competizione, ma a causa dei volumi della carrozzeria la nuova meccanica risultava molto più ingombrante del quattro cilindri della Giulia, e in Bertone non era per nulla intenzionati a snaturare il progetto originale.

Il debutto

Dopo 35 mesi e mezzo dalla sua prima apparizione, la Montreal debutta in pedana al Salone di Ginevra del 1970 scardinando tutte le regole con forme meno filanti, più alta e appesantita rispetto ai concept del 1967, definita “fuori dal tempo” ma sicuramente di grande impatto.

Il nuovo V8 della Montreal è il primo della casa del Biscione ad essere prodotto in serie regolare: derivato dal 2.593 cc della mitica 33 Stradale viene rivisto, con nuove teste e depotenziato da 270 a 200 cv, per renderla più adatta alla guida di tutti i giorni.

Le prestazioni, nonostante gli ingombri, sono di tutto rispetto con una coppia generosa di circa 240 Nm, 224 km/h di velocità massima e una accelerazione da 0 a 100 km/h in circa 8 secondi.

Gli interni invece sono puliti ed essenziali, e la fanaleria anteriore è schermata da due griglie, messe a protezione delle due coppie di fari.

La nuova la presa d’aria al centro del cofano e le feritoie sul montante posteriore hanno una funzione puramente estetica, e i caratteristici cerchi “millerighe” in lega leggera ebbero talmente tanto successo da diventare molto richiesti anche su altri modelli.

Nonostante le dimensioni (la lunghezza era di 4.22 metri con un passo di 2.35) la vettura non era limitata a sportiva “due posti secchi”, ma prevedeva invece il layout 2+2, con due sedili posteriori non molto comodi o sfruttabili, e un bagagliaio invece abbastanza capiente con lunotto apribile.


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Vintage GP 06

Vintage Grand Prix – ep.6

Vintage GP 06: Sesta puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.

Porsche 911 SC.

Ci sono macchine definibili “da uomini”, e ci sono macchine più “femminili” come la Porsche.

Alcune auto sono un’estensione della personalità e completano il carattere di chi la guida; altre invece sono delle vere e proprie compagne di vita, ed è per questo che l’uomo va fuori di testa da sempre per una 911.

Se poi la Porsche in questione è decappottabile, manuale e ha un sei cilindri raffreddato ad aria, resisterle diventa veramente complicato.


Oggi vi raccontiamo una vera icona nel mondo delle auto: questa è la Porsche 911 sc.

L’auto che prese il posto della 911 e Carrera


La versione SC della 911 venne lanciata nel 1977 in configurazione Coupè e Targa, con l’intento di sostituire tutte le altre versioni “non turbo” (standard, S e Carrera).

La sigla SC, che sta per SuperCarrera, è autoesplicativa: il suo sei cilindri boxer raffreddato ad aria aveva una cilindrata di 2994 cm³ e una potenza di 188 CV che permettevano alla SC uno 0–100 km/h 6,3 secondi e 223 km/h di velocità massima; ma nel 1981 la potenza venne incrementata a 204 CV, portando lo 0–100 km/h a 5,9 secondi e 240 km/h di velocità massima.

Questo modello nacque a seguito dell’inasprirsi delle normative antinquinamento soprattutto in America, dove stavano mettendo al bando i veicoli più inquinanti. A farne le spese ovviamente furono le prestazioni delle vetture che dovevano avere dispositivi per la depurazione dei gas di scarico.

La decappottabile più veloce del mondo


Nel 1983 le versioni coupé e targa vennero affiancate dalla 3.0 SC Cabriolet, la prima 911 con tetto in tela ad apertura totale, che grazie all’upgrade prestazionale dei due anni precedenti divenne la decappottabile più veloce al mondo.

Rispetto alla 911 Carrera, la 911 SC presentava una scocca più larga.
Al suo interno possiamo trovare un abitacolo molto minimalista, e presenta delle soluzioni rivoluzionarie per l’epoca come l’aria condizionata e i comandi dei sedili e dei finestrini completamente elettrici.

Porsche 911 SC RS

La Porsche cabrio durò ben poco perchè già nel 1984 la gamma venne nuovamente rinnovata introducendo la Carrera 3.2. Accanto alla versione stradale, Porsche realizza anche due modelli da competizione: uno per il Gruppo 4 e uno per il Gruppo B.

La Porsche 911 SC RS, di cui ne sono stati realizzati solo 20 esemplari, pesava duecento chilogrammi in meno della versione da strada.

Grazie ad un motore con 255 CV aumentando così la sua potenza, la Casa si portò a casa due importanti terzi posti: uno al rally di Monte Carlo nel 1982, e al Tour de Corse tre anni più tardi.


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Vintage GP 05

Vintage Grand Prix – ep.5

Vintage GP 05: Quinta puntata della rubrica di Grand Prix dove vi mostriamo alcune delle nostre auto d’epoca.

Lancia Delta Integrale

Sono poche le macchine che ti fanno innamorare ancora prima di accendere il motore, ancora meno sono quelle con un’anima.

Oggi vi raccontiamo un mito tutto italiano: versatevi un Martini e mettetevi comodi.

La nascita di una nuova macchina da Rally

Era il 1986 quando a causa di un evento luttuoso il mitico gruppo B cessò di esistere, e il reparto corse di Lancia dopo numerosi successi e vittorie con le incredibili 037 e Delta S4 si lanciò nello sviluppo di una nuova vettura da rally secondo il nuovo regolamento, che dalla stagione 1987 avrebbe visto in gara soltanto le auto di Gruppo A e N.

La casa italiana non ebbe grandi problemi a sviluppare una vettura adeguata alle nuove categorie, e presentò lo stesso anno al salone di Francoforte la Delta HF 4WD, che primeggiò nella sua categoria anche a fronte della scarsa concorrenza causata dal cambio di categoria.

Lancia ebbe pochi problemi anche nei cinque anni successivi, portando 11 titoli al marchio torinese che vinse anche 4 mondiali piloti, equamente divisi a metà tra il finlandese Juha Kankkunen, iridato nel 1987 e nel 1991, e l’italiano Miki Biasion, campione nel biennio 1988-1989.

l’italiano Miki Biasion, campione nel biennio 1988-1989

La Delta “HF” Integrale

Il 18 dicembre 1991 Lancia annunciò il suo ritiro in forma ufficiale dai rally, cedendo nel 1992 la gestione del suo team alla Martini Racing (che fino ad allora era solo sponsor), con l’appoggio della struttura tecnica del Jolly Club.

Lo stesso anno avvenne la presentazione dell’ultimo step evolutivo della Delta: la HF Integrale “Evoluzione”.

Il nuovo team, che continuava a portare in gara le vetture torinesi diventò quindi una vera e propria squadra che, ricevendo in dote dalla casa madre vetture e piloti, e il supporto di Abarth per lo sviluppo, prese parte in maniera semiufficiale al mondiale.

La Delta Integrale Evoluzione (con le sue versioni 8v e 16v) dominerà le scene del Campionato Mondiale Rally riprendendo, senza interruzione, la striscia di successi iniziata nel 1987 dalla Delta HF 4WD.

Ai titoli mondiali piloti e costruttori vinti nel 1987 vanno ad aggiungersi altri 5 Campionati del Mondo Rally Costruttori consecutivi (dal 1988 al 1992) e 3 Campionati del Mondo Rally Piloti.

Tra i vincitori spiccano i due allori di Miki Biasion, primo italiano, e al momento unico, capace di vincere l’ambito titolo mondiale riservato ai conduttori.

In 6 stagioni nel Campionato del Mondo Rally la Lancia totalizza 46 vittorie: il bottino raccolto dalla sola Delta HF Integrale nelle sue varie evoluzioni conta ben 35 vittorie e 96 podi.

Lancia Delta integrale “martini” al Rallylegend 2021 di San Marino

Inutile dire che tutte queste vittorie hanno reso la Delta una vera e propria leggenda su ruote, e le versioni stradali sono ancora oggidesiderio di appassionati di tutte le età che la osannano come “la regina”.

La più ambita tra tutte è la Delta HF Integrale Evoluzione, che con il suo motore 2.0 litri 1995 cc quattro cilindri 16 valvole eroga 210 Cv, dieci in più della versione standard (215 Cv nella versione Evo2 che prevede sedili Recaro, il servosterzo, il climatizzatore e l’ABS di serie).

Le più iconiche delle Evoluzione sono senza dubbio la Delta Martini 5, costruita per onorare il quinto titolo mondiale in 400 esemplari e la Delta Martini 6, questa volta prodotta in soli 310 esemplari per rendere omaggio al sesto e ultimo titolo.


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